Prodotti tipici della Valsamoggia

Vino

Vino Pignoletto Valsamoggia

Vino Pignoletto Valsamoggia

Nella zona sono presenti diversi vitigni autoctoni – ma non solo – dai quali si ricavano ottimi vini DOC e DOCG. Tra i bianchi va menzionato innanzitutto il PIGNOLETTO che, dal 2015, è anche DOCG “Colli bolognesi” e si può trovare frizzante, fermo e spumante.

Gli altri bianchi sono lo CHARDONNAY, il SAUVIGNON, il PINOT BIANCO e il RIESLING ITALICO che si possono trovare anche come Doc “Bianco Bologna”. Tra i rossi spiccano soprattutto BARBERA doc (vinificato sia frizzante che fermo), CABERNET- SAUVIGNON e MERLOT con la denominazione “Rosso Bologna”.

PIGNOLETTO: il vino-simbolo di un territorio , vino bianco dal colore paglierino intenso, delicatamente profumato, naturalmente frizzante, è l’aperitivo ideale da servire in abbinamento con gli antipasti, ma va benissimo anche con i primi piatti tradizionali: tortellini, tagliatelle al ragù e passatelli.

Liquori

NOCINO: Il Nocino è il più diffuso tra i liquori domestici. Si ottiene dai mali di noce dopo una macerazione alcolica di circa 40 giorni. La noce a un’antica sacralità che si perde nelle notti dei culti pagani di greci e romani.

Ancora oggi la tradizione vuole che le noci verdi che poi saranno usate per la preparazione di questo liquore dall’altissimo potere digestivo debbano essere raccolte soltanto durante la notte del 24 giugno, festa di San Giovanni battista, in prossimità del solstizio d’estate. La “guazza” Di quella notte è considerata una sorta di sciroppo miracoloso per molti mali, capace perfino di arrestare la caduta dei capelli. Le doti del Nocino Erano conosciute addirittura già nel 500: ne troviamo testimonianza nel “Tesoro della sanità” del famoso medico Castore Durante da Gualdo che ricorda “Le salutari proprietà delle noci fresche infuse”.

VARIANTI: Anche per il Nocino, come per molte altre ricette, ognuno ha il suo segreto di fabbricazione che ritiene il migliore in assoluto. D’altra parte gli ingredienti possono variare in peso e proporzione, specialmente lo zucchero. Naturalmente ogni oste decantava il Nocino da lui prodotto. Aggiungendo 1 litro di grappa, dei fiori di camomilla, veramente di ruta, si prepara il cosiddetto Medicinale.

Formaggi

Re dei formaggi per antonomasia, il PARMIGIANO REGGIANO DOP è prodotto e venduto  direttamente in tutti gli spacci dei caseifici della Valsamoggia: qui si trovano anche la RICOTTA di vacca e le CACIOTTE (formaggi freschi o di breve stagionatura). Sul territorio sono tuttora presenti alcuni allevamenti ovini dove si producono e vendono direttamente RICOTTA e PECORINI MORBIDI, STAGIONATI e AROMATIZZATI.

Salumi

Prodotti d’eccellenza emiliani, sul territorio Valsamoggia si possono gustare producono PROSCIUTTO, SALAME, SALSICCIA PASSITA, CICCIOLI Morbidi (Montanari) o Frolli (Secchi), PANCETTA ARROTOLATA, COPPA D’ESTATE (capocollo) e COPPA D’INVERNO.  Nelle salumerie e nei migliri ristoranti non manca mai la classica MORTADELLA conosciuta anche con il nome “BOLOGNA”.

Altri salumi tipici e d’eccellenza, consumati principalmente nel periodo invernale e durante le festività natalizie, sono lo ZAMPONE e il COTECHINO.

SALSICCIA: è il prodotto più diffuso in Italia, forse anche nel mondo, che si ottiene dalla lavorazione della carne di maiale. All’estero sono aggiunte carni magre di bue, cavallo, asino, oca e tacchino, mentre la salsiccia italiana e sempre di puro suino, ottenuta con carne di prima e seconda scelta e ritagli grassi e magri delle parti non idonee per altre lavorazioni. Normalmente, la proporzione è del 70% di carne suina magra (carnetta di capocollo e traculo) e del 30% di triti di lardo e ritagli di prosciutto.

Il tutto è macinato finemente, insieme con sale, pepe nero, noce moscata, cannella e altre droghe, che variano secondo le zone di produzione. Il ripieno, di grana molto fine, è insaccato e non budello di intestino tenue, ovino o suino, Sino a formare un lungo “Tubo”, che è spezzato con dello spago. Sottile in tanti rocchi lunghi circa 10 cm. Nella cucina bolognese, la salsiccia a un vasto arco l’impiego, dalla preparazione di vari sughi per minestre asciutte all’arricchimento di soffritti per zuppe, risotti, umidi e arrosti. Può essere mangiata sia Cruda (con qualche precauzione, però) sia cotta, arrostita in padella, bollita, in umido, fritta o alla griglia.

SALSICCIA PASSITA: ottima in ogni momento della giornata, come pasto, spuntino veloce o per aperitivi.
COTECHINO: che è un impasto molto simile a quello dello zampone, è preparato con carne suina magra, tagliata dalla spalla ed al guanciale (60%), cotenna (da cui il nome, 30%) e lardo (10%). A questi ingredienti, tritati finemente, Sono aggiunti sale (3%), Pepe (0,5%), nitrato di potassio (Salnitro), noce moscata, erbe aromatiche e spezie che, come per la salsiccia, cambiano da zona a zona.

Il cotechino, che ha ottenuto il 13 marzo 1999 l’IGP (Indicazione geografica protetta: il riconoscimento della comunità europea indica che una determinata area ha delle caratteristiche peculiari che rendono il prodotto della zona unico e non riproducibile al di fuori di essa), e La nostra zona ne fa parte.

ZAMPONE: la storia, giunta sino a noi un po’ romanzata, vuole che lo zampone sia stato inventato dai cuochi della corte Mirandolese d’appello dei Pico Nel 1511. Durante l’assalto delle truppe mercenarie francesi di Papa Giulio II della Rovere alla città della “Fenice degli ingegni”, essi trovarono il sistema di conservare meglio, insaccandola nelle zampe anteriori sui me, l’enorme quantità di carne di maiale macellata dopo una carneficina fatta per evitare che gli animali finissero in mano al nemico.

A rendere il sospetto di leggenda l’episodio è anche il successivo silenzio nel quale è rimasto avvolto lo zampone. Una testimonianza del bolognese Vincenzo Tanara In “l’economia del cittadino in villa” (1644) alla voce “zampetto“ non derime il mistero. Oggi lo zampone è preparato con carne fresca di maiale, tagliata da diversi punti della carcassa, spalla, gamba, collo e geretto (35%), con grasso duro (30%), cotenna di gola e pancetta accuratamente depilata e pulita (35%). Il tutto, una volta, era artigianalmente è stato nel mortaio e tagliato con la mezzaluna, mentre ora è macinato da apposite macchine, che Mantengono costante la “grana” del ripieno dello zampone.

All’impasto sono aggiunte sale, nitrato di potassio, spezie e aromi (pepe, cannella, macis, Chiodi di garofano, noce moscata, timo, alloro e aglio), secondo una concia personalizzata da ogni salumificio. Dopo che il ripieno è stato spinto da un apposito a macchina nella cotenna delle zampe anteriori del maiale opportunamente scarnificate, ripulite e trasformate in perfette guaine, gli zamponi sono pronti.

Taglieri prodotti tipici Valsamoggia

Tagliere do prodotti tipici della Valsamoggia

PROSCIUTTO: è formato dalla coscia fresca di maiali di razza bianca, allevati in Emilia-Romagna, Veneto, Friuli Venezia Giulia, Lombardia, Piemonte, Umbria, Toscana, Marche, Abruzzo, Molise e Lazio, salata e poi lavorata in vari modi, secondo le tradizioni.

A differenza del prosciutto di San Daniele, che comprendendo l’intera coscia fino alle falangi della zampa e mostra una forma a coscia di capra, il prosciutto di Modena, alla stregua di quello di Parma, presenta la tipica forma a coscia di pollo o a pera. È la parte più nobile del maiale, divenuta rappresentativa della sapidità della carne suina. Il prosciutto, dolce o salato che sia, è un “unicum” Che non può mancare nei menu più tipici della nostra gastronomia. Qual è il segreto del prosciutto, vivanda a tutto pasto, che si sposa con il melone e con i fichi come antipasto, ma che regge il piatto da sola o con altri affettati e compare anche nella preparazione di centinaia di minestre e pietanze.

Le cosce fresche (11-12 kg), provenienti da animali non troppo grassi, allevati quasi esclusivamente a questo scopo perché tenuti all’aria aperta e nutriti in maniera razionale con sotto prodotti dell’industria lattiero caseari, Sono rifilate del grasso in eccesso e della cotenna. Ripulite, raffreddate, modellate e pressate, sono salate ripetutamente (È il momento più delicato) con una miscela di cloruro di sodio.

Questa operazione è compiuta tramite un massaggio che un tempo era effettuato soltanto manualmente, ma oggi è eseguito anche da un apposito a macchina. A salare la carne ancora fresca e manodopera specializzata, formata da abilissimi “fisioterapisti“, che sanno massaggiare le cosce dei maiali sì no a togliere il siero e il sangue residui e far penetrare il giusto tasso di sale che serve a dare sapore e, al tempo stesso, a preservare il prosciutto dal deterioramento.

La zona di produzione del prosciutto di Modena, che ha ottenuto la DOP il 12 giugno 1996, corrisponde alla fascia collinare e alle valli che si sviluppano attorno al vaccino oroidrografico Fiume Panaro e che, partendo dalla fascia pedemontana, non supera i 900 m da altitudine, comprendendo pure territori delle province di Bologna e Reggio Emilia.

SALAME CACCIATORE: è un salame di piccolo formato, lungo dai 15 ai 20 cm, con un diametro di 3-4 cm, Il cui peso si aggira dai 60 ai 120 g, tipico della Valtellina e di Varzi (Pavia), ma prodotto e consumato anche nel modenese. Il suo nome deriva dal tedesco “Landjager”, che significa appunto “CACCIATORE”. È confezionato con pura carne suina magra, tratta dal sotto spalla dell’animale, tritata con “grana” medio-fine e mescolata a piccoli lardelli.

SALAME: ne esistono oltre un centinaio di tipi, quasi tutti i prodotti industrialmente (molti di questi anche nel bolognese-modenese), usando, in varie proporzioni di grasso e di magro, tutte le parti edibili del maiale, eccetto le interiora.

Quest’impasto subisce processi di stufa Tura e stagionatura assai diversi l’uno dall’altro, secondo il tipo di prodotto. La vasta gamma dei salami va dal “Milano“ (Carne suina e bovina e lardo in parti uguali, impasto a grana fine, budello suino, peso fra gli 800 e i 1000 g, stagionatura dai tre ai cinque mesi)

VARZI: (Puro suino e grasso duro, grana grossa, aglio e pepe nero, budello suino, peso di almeno 700 g, stagionatura di sei mesi)
FELINO: (Prende nome dall’omonimo paesino in provincia di Parma, a forma caratteristica lunga e stretta con rigonfiamento finale, puro e scelto suino di coscia +1 terzo di grasso, pepe e vino bianco, budello suino, stagionatura dai 4 ai 10 mesi)
FABRIANO: (Puro suino di coscia con grasso duro a cubetti, pepe nero e vino bianco, stagionatura di 4 mesi)
NAPOLETANO: (carne suina a grana grossa con grasso a cubetti larghi, aglio e pepe nero in grani, budello suino a ferro di cavallo, sapore affumicato)
UNGHERESE: (carne suina e di vitello più grasso in parti uguali, grana fine, paprica e vino bianco, forma lunga e sottile, sentore di affumicato, stagionatura di 3-4 mesi)
GENOVESE: (carne suina e bovina più grasso duro, grana grossa, aglio, pepe e barbera, budello artificiale, stagionatura 45 giorni)
TOSCANO: (carne suina magra e grasso misto, aglio, pepe e zucchero, budello bovino, stagionatura di 3-4 mesi)
CRESPONE: (Lombardo, a pasta morbida, insaccato in grossi budelli)
DUJA: (Piemontese, di puro suino, conservato nel lardo)
ABRUZZESE: (carne suina e grasso duro a dadini, budello naturale, stagionatura due-tre mesi)
BELLUNESE: (carne suina ed equina e grasso duro, aglio, spezie e vino rosso, budello naturale, stagionatura di quattro mesi)
CADORINO: (Carne suina e asinina, Cannella, aglio e vino bianco, budello naturale, stagionatura di poche settimane)
MONTEFELTRINO: (Ovvero i suini magroni al pelo nero, sale e pepe)
PERUGINO: (carne magra, sale, pepe, aglio e vino, budello naturale, stagionatura due-quattro mesi)
VERONESE: (carne suina e bovina, nel tipo “dolce” anche rifilature di pancetta e prosciutto, budello di manzo, stagionatura 3-4 mesi)
CIASCULO: (Marchigiano, polpa di spalla, prosciutto, pancetta, olio, vino cotto, budello gentile, affumicato per qualche giorno, stagionatura 2-3 mesi)
BOUDIN: (Valdostano, lardo, sangue suino, patate, spezie, salvia, rosmarino, budello naturale, stagionatura da 2-3 ai 6 mesi)
FIORETTINO: (Carne suina di prima qualità macinata mediamente, budello naturale, stagionatura circa 2 mesi)
SPIANATA ROMANA: (carni magre di suino e bovino macinate finemente e addizionati di lardelli grandi, pressata dopo l’insacca in budello naturale, stagionatura circa 50 giorni)
SALAM FIGADÀ: ( salame della tradizione della bassa modenese e ferrarese, carne da salame più fegato suino con una concia di vino, brandy e spezie)

L’unico salame dell’Emilia-Romagna che vanti la DOP tra parentesi dal 1 luglio 1996) è quello di Piacenza: per la parte magra si utilizzano tagli di carne non appartenenti alla testa, mentre per la parte grassa sono utilizzati lardo, gola e pezzi di pancetta prive di grasso molle.

Dopo l’insaccamento in budello suino, il salame è legato, come vuole la tradizione, con spago a maglia fitta. Successivamente è forato e messo ad asciugare in locali a temperatura e umidità controllate. La stagionatura del salame piacentino avviene in ambienti a temperatura compresa fra 12 e 19 °C, con umidità relativa del 70-90%, per un periodo non inferiore a 45 giorni. Al taglio è di colore rosso vivo, con lardelli di grasso perfettamente bianchi.

COPPA: si ottiene da un unico pezzo di carne, posto fra l’attaccatura della testa del su Eno e la quinta e sesta costola del carré, in pratica la parte muscolare del collo tirata il più possibile a forma cilindrica e con le parti estreme tondeggianti. La percentuale di grasso della coppa, che non può pesare meno, prima della stagionatura, di 2,5 kg, oscilla intorno al 25%. Salata secco, aromatizzata con Pepe nero, cannella, chiodi di garofano, semi di alloro, e noce moscata, la coppa riposa per almeno sette giorni in celle frigorifere a temperatura costante.

In seguito, massaggiata manualmente almeno due volte affinché il cloruro di sodio penetri nella carne, asciugata per una settimana in appositi essiccatoi fra i 17 e i 20 °C, insaccata in budelli naturali ricavati dall’intestino cieco del maiale è legata in maniera caratteristica con uno spago grosso, la coppa inizia la stagionatura. Avviene in stanza e ventilate con una temperatura fra i 10 e i 14 °C e un’umidità in graduale riduzione. Si protrae almeno per 180 giorni e comprende anche periodi di permanenza in apposite “cantina”.

PANCETTA: ingiustamente considerata un salume “povero“, e fra gli affettati più grassi e saporiti. Si ottiene, con una maturazione di circa due mesi, dalla parte centrale del grasso di copertura, opportunamente salato e aromatizzato con Pepe nero, chiodi di garofano e zucchero, delle zone addominali del maiale, dalla regione retro sternale a quella inguinale. La pancetta, sostanzialmente, a due tipologie: stesa e arrotolata.

La rifilatura è effettuata secondo diverse tecniche, che cambiano da zona a zona. Prima dell’inizio del ciclo produttivo, la carne (dai 3,5 ai 4,5 kg) è salata manualmente a secco. Accatastate una sull’altra le pancette restano in celle frigorifere con temperature dai 3° ai 5 °C e con un’umidità relativa del 70-90% per circa due settimane. In seguito, sono rifilate e pulite dell’eventuale eccesso di sale e spezie, poi arrotolate e protetta nelle parti scoperte con lembi di vescica animale e carta vegetale. La pancione sicuro come condimento in molte salse, sughi, ragù e minestre, ma è consumata anche cruda al Nord, generalmente, è arrotolata e legata in maniera caratteristica (quando avvolge una piccola coppa, si chiama “pancetta coppata ), ma al centro e al sud, più frequentemente, è venduta stesa, salata con generosità e profumata con rosmarino, aglio e semi di finocchio.

MORTADELLA o “BOLOGNA”: quella di “prima”, di puro suino, è costituita da un 30% di spalla, da un 30% di ritagli della carcassa e del prosciutto, da un 20% di cotenna e un 10% di lardo. Altre qualità di mortadella (ad esempio, quelle marcate SB, Suino bovino) sono preparate con impasti ho tenuti da parte e meno pregiate. Sull’etimologia del nome di questo capolavoro dell’arte salumiera emiliana esistono due scuole di pensiero. La prima assicura che derivi da “Myrtatum” , Il nome latino del mirto (o mortella), un arbusto sempre verde dai fiori bianchi e profumati, che produce piccole bacche ovali di colore azzurro nerastro.

Dell’antichità, pare che fossero usate dai cuochi romani per insaporire la carne suina. La seconda ipotesi, apparentemente più attendibile, propende per farli arrivare il nome della mortadella da quello del mortaio, dove anticamente le carni del maiale erano ridotte a saporose poltiglie, utilizzate per farcire animali da cuocere arrosto. La mortadella, però, come la conosciamo e la consumiamo oggi, è certamente un prodotto “moderno“, frutto di una raffinata e delicata tecnica di produzione. Per secoli, Reggio Emilia, Modena e Bologna si sono contese una paternità che, al contrario, appartiene indiscutibilmente ai frati Petroniani che, fin dal Medioevo, preparavano quell’insaccato pestando carni suine nei loro mortali, magari insieme, secondo gli antichi insegnamenti, alle bacche del mirto. È giusto, quindi, che in America la mortadella sia conosciuta col nome di “Bologna“.

Oggi questo delizioso, roseo e profumatissimo salume, la forse il più impiegato per un frettoloso ed economico, ma saporitissimo, panino imbottito, è prodotto da una miscela triturata che è prima insaccata in un budello artificiale e poi “cotta“ in “stufe “ad aria secca. La mortadella è composta da carne suina (al 70% magra e al 30% grassa) macinata sino ad ottenere un impasto finissimo, che poi è mescolato al lardelli di grasso suino di gola ridotti a cubetti. La mortadella, per comodità e per ragioni Economico-commerciali, è presente sul mercato in numerose pezzature, da uno a 40-60 kg e oltre.

La vastissima schiera dei fedelissimi consumatori, però, sa bene che la mortadella più È grande più è buona.

La MORTADELLA di BOLOGNA, che ha ottenuto l’IGP il 17 luglio 1998, il nostro territorio è quindi… produttori.

CICCIOLI Morbidi o Frolli: sono uno squisito prodotto di lavorazione della macellazione suina che proprio in ragione della sua eccezionale appetitosità è sopravvissuto alla moria dei cibi più grassi della nostra tradizione. Nascono dalla fusione per calore in una caldaia di varie parti del maiale, grasse e magre, in pratica i “residui“ della lavorazione per ottenere gli altri salumi. Ricavato lo strutto, restano dei piccoli pezzi di carne, di cartilagine e di grasso sottocutaneo che, raccolti in un telo di juta e insaporiti col sale, sono strizzati ulteriormente per fare uscire il grasso residua.

Fatti asciugare e compressi con un torchietto in una forma compatta, spesso un parallelepipedo, diventano morbidi e appetitosi come pochi altri “Prodotti “ suini. Un tempo, erano solamente frutto della “PCARIA” domestica, mentre oggi sono prodotti anche da qualche abile artigiano salumiere, che si è specializzato particolarmente nel confezionare questo salume, povero, ma è tra i più saporiti. I ciccioli, che in altre zone dell’Emilia chiamano “GRAŚU” (Nel bolognese), “GRASÓJ”(Nel parmense) e “GRASSÓL” (Nel reggiano), esistono anche in una versione sempre compatta ma secca (“CICCIOLI FROLLI”), In una forma rotonda, che presenta l’unico problema di irrancidire in fretta.

In frantumi, a scaglie, sono prodotti anche nel mantovano e nel cremonese, dove prendono il nome di “GREPPOLE”. Quelli morbidi, che qualcuno chiama anche “MONTANARI”, mangiati insieme con la “stria” appena sfornata e un pegno letto frizzante dei colli bolognesi, rappresentano uno dei momenti più alti della cucina rustica bolognese e tipica della Valsamoggia.

COPPA DI TESTA: è uno dei salumi più grassi, ma è anche uno dei più appetitosi. Si ricava dalla spolpa Tura delle carni che ricoprono la testa del suino, da cotenne (almeno il 55%), da pezzi di lingua, da rifiglia rifilature di pancetta e da parti senza grassi, poco adatte per altre preparazioni. Questi “ritagli “suini, dopo essere stati accuratamente puliti, sono cotti in una caldaia per parecchie ore.

Quando la carne si è staccata dagli ossi di maiale, è prima accuratamente sminuzzata a mano, aromatizzata con l’aggiunta di spezie, pinoli e pistacchi e poi insaccata caldo in una grossa vescica bovina. Successivamente, la coppa di testa (generalmente, prodotta in pezzature dai cinque ai 10 kg) è lasciata raffreddare a bassa temperatura per un’intera notte in un apposito contenitore. Può essere consumata dopo qualche giorno dalla preparazione,
anche senza stagionatura.

CULATELLO: questo pregiato salume, che Gabriele D’Annunzio definì “squisita, salata e rossa compattezza porcina“, è prodotto in provincia di Parma nei comuni di Fidenza, Soragna, San Secondo, Roccabianca, Zibello, Polesine parmense, Sissa, Colorno e Busseto. Si ottiene dalla parte muscolosa delle cosce del suino, privata della cotenna e dell’osso. Dopo il decotennamento e lo sgrossamento, il culatello è insaccato in una vescica di maiale e opportunamente salato come per il prosciutto, cugino meno nobile. Oltre al sale, in questo caso, è aggiunto anche del vino bianco. La stagionatura dura almeno sei mesi. L’aspetto è quello caratteristico di una pera, che al taglio si presenta di colore rosso Uniforme Con venature di grasso bianco.

L’aroma è molto intenso e caratteristico. Il sapore è dolce, molto delicato. Per conservarlo a casa, bisogna avvolgerlo in un canovaccio di tela bianca, che va periodicamente spruzzato di vino bianco, per evitare che il culatello perda molto umidità e si secchi troppo. Ha ottenuto la DOP, come tanti altri salumi emiliani, il 1 luglio 1996.

Ristorante Cafè Centrale a Bazzano: